Ho scelto Porta Palazzo.
Decisi di venire a vivere qui ancora
nel 2007. Ero allora a Venezia, abitavo e lavoravo in un'isola, molto
bella e molto tranquilla. Uno potrebbe pensare che sia la dimensione
ideale, con una piccola comunità dove tutti si conoscono. Non è
così, purtroppo il livello delle relazioni, come spesso capita nei
piccoli paesi, era tristemente abbruttito e ne ho patito anche io,
tra l'altro rimanendo 'straniero' nonostante vi abbia abitato 15
anni!
Da allora l'interesse per la migrazione
e le persone che lasciano il proprio paese è diventato sempre più
forte e l'amore per il Marocco è andato aumentando ogni viaggio di
più (ci andavo per evadere dall'isola...). Porta Palazzo, dove
finalmente abito dal gennaio 2011, mi permette di vivere
quotidianamente l'esperienza del viaggio e quella
dell'incontro con le persone migranti e non solo.
Il Viaggio: come ben sanno
quelli che organizzano passeggiate turistiche a Porta Palazzo, il
luogo si presta particolarmente per l'immersione in diverse culture,
ambienti, gettando chi vi si trovi in un immaginario viaggio per il
mondo. Una zia che non veniva qui da tempo (ed abita in Barriera di
Milano, tra l'altro!), venendomi a trovare un sabato, scesa
dall'auto, ha strillato “Ma qui è Africa!”.
Le parole gridate, le risate e i litigi
dei piccoli spacciatori che si alternano tra i gradini di casa
mia, l'ingresso della moschea, quello delle panetterie
maghrebine o del nuovo albergo ristorante San Giors... Finisci per
conoscerli, salutarli, e poi magari spariscono (in carcere?) per un
po' di tempo...
Osservo dal balcone e lentamente alcune
figure cominciano a far parte del mio quotidiano. Come la cartolaia
più disordinata del mondo sul lato opposto di Corso Giulio Cesare,
che a volte passa le serate estive chiacchierando con i giovani
maghrebini che popolano la strada fino a tardi.
Il via vai strepitoso della panetteria
marocchino-tunisina, che mi dicono abbia incassi di 7000 euro di
sabato (ed è sempre aperta, addirittura dalle 7.30 del mattino a
sera inoltrata)... Il lavoro intorno alle macellerie halal,
dove mi servo anche io da quando non son più vegetariano.
A volte può capitare che un ragazzo
apra la sua borsa piena di vestiti da vendere proprio sul marciapiede
e sembra incredibile, ma vi resiste fino a sera vendendo la sua merce
a chi passa, anche qui, appena fuori dal mercato...
Il mercato sta alle spalle, non si
vede, ma contamina, corrompe, colora tutto il quartiere.
Poi ci sono i vicini.
All'inizio l'esperienza di vicinato fu
quella del cortile interno, tra i condomini di Piazza della
Repubblica, corso Giulio Cesare, via Noé e Piazza don Albera.
Affacciandomi dal ballatoio, al terzo piano, perché sul retro il
piano terra sta molto più in basso, vedo il lavoro del falegname e
lo sento soprattutto, dal mattino presto, anche di domenica quando
viene a liberare i cagnolini che lascia in falegnameria... Tiene
vivo il cortile e lo governa con decisione, è il suo territorio. C'è
la lotta per il parcheggio, tra i privilegiati che posseggono le
chiavi del cancello, e c'è la legge non scritta dettata da chi
lavora qui e per questo si sente più padrone di altri, come i
gestori della fornitissima ferramenta che dà su corso Giulio Cesare,
persone all'apparenza burbere, ma evidentemente pazienti, tanto da
trovare quasi sempre soluzioni per qualsiasi richiesta anche di pezzi
minuscoli. C'è poi la signora che passa l'estate sul ballatoio e
anche lei cerca di governare il cortile dall'alto, come una regista,
tanto che Mehdi l'ha ribattezzata 'Telecamera'... E ci sono tanti
operatori del mercato, che a volte si intruffolano nel cortile,
magari grazie a 'entrature speciali' e parcheggiano i loro furgoni in
maniera ritenuta da altri abusiva...
Un gran via vai anche qui nel cortile,
che si placa solo di domenica.
Quando non c'è mercato.
Poi, l'esperienza di vicinato s'è
ampliata, soprattutto d'orizzonte, con l'incontro all'Arcabalenga di
via La Salle con l'associazione Fuori di Palazzo. E anche con lo
scambio tra gestori di Bed and Breakfast, che pare nascano come
funghi anche da queste parti. Il mio si
chiama Casablanca, perché Torino è Casa Mia, ma è anche
Casablanca.
Testo scritto per il Progetto Mot de passe dell'artista Giuditta Nelli, Porta Palazzo 02/06/2012
Le risate dei piccoli spacciatori ??? Ma di cosa parli ? Ma stai vaneggiando ?
RispondiEliminaparlo di quello che hai letto. E tu, invece, di cosa vorresti che si parlasse?
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